La galassia di vite, esperienze e respiri LGBTQIA+ è più che mai sotto attacco, i nostri diritti vengono negati e calpestati, le nostre esistenze vengono messe in discussione, i nostri sogni vengono decapitati prima di nascere.
Portiamo i segni visibili di questa violenza sui nostri corpi e sulle nostre vite, una violenza che non è soltanto fisica o verbale ma anche istituzionale. Li portiamo su ogni figliǝ con unǝ genitorǝ non riconosciutǝ, su ogni persona trans* che subisce transfobia istituzionale, su ogni vittima dell’omo-lesbo-bi-trans-a-fobia, su ogni richiedente asilo che vede la sua richiesta rifiutata.
Questa violenza la vediamo, simile eppur differente, nel razzismo sitemico che garantisce i privilegi a chi ha la pelle bianca, nella violenza maschile e di genere che discende dal maschilismo e dal patriarcato, nell'abilismo diffuso che non prevede le disabilità e le neurodivergenze, nella grassofobia che addossa alle persone grasse colpe insistenti.
Ci siamo rott3 i tacchi di tutto questo, li abbiamo consumati lotta dopo lotta eppur non ci fermiamo qui. Non ci rassegniamo a un inverno di diritti dal sapore fascista che vuole eliminare ogni esistenza scomoda e non conforme, e che tenta in ogni modo di zittire e opprimere ogni forma di resistenza.
Torniamo anche questa volta in strada a inondare la città con i nostri corpi e le nostre identità queer, lesbiche, bisessuali, trans e transgender, gay, aromantiche, asessuali, intersex, non binary e tutte le altre. Saremo più arriabbiatɜ che mai e con i nostri lividi ben in vista, ancora in piedi e coi tacchi rotti in mano. Levatevi dai piedi, oscuri fantasmi del passato, noi siamo il presente.
"We were never meant to survive". But, we are still here.
Il Torino Pride sarà il 17 giugno 2023 e ci avvicineremo a quella data con molti eventi di avvicinamento sparsi in tutta la città. Visita il nostro sito www.torinopride.it e i nostri social dove pubblicheremo di volta in volta tutte le info su questi eventi e sullo svolgimento del Pride.
L'Aia, 30 marzo 2023
L' Associazione Psichiatrica Olandese (NVvP) giovedì si è rivolta alla comunità LGBTIQ+ porgendo ufficialmente le proprie scuse ed esprimendo rammarico per le "sofferenze" inflitte in passato dalla loro categoria professionale a causa della "convinzione dell'epoca" che i gruppi minoritari di genere ( identità trans*) e sessuali ( soggettività non etero) fossero "persone malate e come tali dovevano essere curate".
Parlando a nome della categoria, il presidente dell’Associazione Psichiatrica Olandese, Niels Mulder, ha riconosciuto che le terapie riparative, i tentativi cioè di "cambiare profondamente le identità trans e le persone non eterosessuali, hanno causato molte sofferenze e gravi danni psicologici a tutte queste persone."
Ribadendo inoltre "con forza" che le diversità di genere e sessuali sono l’espressione di "variazioni naturali e che non esprimono una patologia".
Ponendo inoltre l’attenzione sulla necessità che lɜ psichiatrɜ riconoscano che il minority stress e il disagio sono conseguenza della mancata accettazione sociale, delle continue situazioni di discriminazione e violenza che deteriorano fortemente la salute psicofisica della popolazione LGBTIQ+.
Occorre pertanto che le persone professioniste facciano il possibile, per "ridurre lo stigma e la discriminazione" nella società.
Con questa ammissione di rammarico, l'Ass. di Psichiatria Olandese riconosce pubblicamente e attivamente la sofferenza che ha inflitto alla comunità LGBTIQ+ e si assume la responsabilità di un'assistenza sensibile e attenta nel presente e nel futuro.
Cosa si prova ad essere genitori di una figlia o di un figlio omosessuale, bisessuale o transgender? Dietro ogni coming out c'è sempre una famiglia coinvolta in questa scoperta, che reagisce in modo diverso. Come ritrovare l'equilibrio quando sembra che a volte l'amore non basti? Come cambiare prospettiva? Siamo stati ospiti di due famiglie dell'Agedo (associazione genitori, parenti, amiche e amici di persone lesbiche, gay, bisessuali, transgender), che ci hanno raccontato le loro difficoltà più grandi e come le hanno superate. Ad accompagnarci Pier Luigi Gallucci, psicologo psicoterapeuta e autore insieme all'Agedo di Torino del libro "Come l'aria, in un abbraccio. Storie di genitori con figli e figlie lesbiche, gay, bisessuali, trans e queer" (Graphe.it Edizioni). L'associazione nazionale, fondata da Paola Dell'Orto, ha appena compiuto 30 anni di attività.
Intervista sul settimanale Grazia – 06/03/2023
Nell’intervista rilasciata al settimanale Grazia in occasione dell’8 marzo, la premier Giorgia Meloni interviene sulle questioni legate alla condizione femminile e aggiunge, in linea con il programma elettorale dei partiti di governo, alcune affermazioni sulle persone transgender e sulla genitorialità omosessuale che troviamo profondamente scorrette.
“...I bambini hanno diritto ad avere il massimo: una mamma e un papà…”.
Oltre 30 anni di studi scientifici e riflessioni dalla parte dei bimbi e delle bimbe hanno dimostrato in modo inequivocabile che non c'è differenza se chi accudisce è una coppia omosessuale o eterosessuale, oppure un single: il tema è sempre la qualità del rapporto. Vediamo del resto costantemente quanti figli abbiano grandi difficoltà pur crescendo in coppie eterosessuali.
La risposta rievoca inoltre ruoli e a modelli comportamentali diversi che dovrebbero arrivare da mamma e da papà, ruoli che in questa società dovrebbero essere largamente superati ma evidentemente non è così. Di fatto questa affermazione getta un ingiusto discredito su tutte le famiglie considerate “non tradizionali”.
“… Non credo che commercializzare il corpo femminile e trasformare la maternità in un business possano essere considerate delle conquiste di civiltà. L’utero in affitto è la schiavitù del 3° millennio e non mi rassegnerò mai che possa essere l’esito di secoli di lotte per i diriF delle donne. …”
La GPA o maternità surrogata è una tecnica applicata da oltre 30 anni e per il 95% riguarda coppie eterosessuali sterili e solo un numero modesto di casi di coppie same sex. Eppure ne se parla a sproposito quando si tratta dei diritti delle persone omosessuali, rivelando come il problema vero sia la genitorialità omosessuale non quello dei diritti delle donne. Meraviglia l’espressione fortemente dispregiativa “utero in affitto” usata nei confronti di donne, proprio da parte di chi dice di volerle tutelare.
Ci sono paesi, tra cui alcuni Stati degli USA, il Canada, il Regno Unito, l’Ucraina, la Russia e l’India, dove questa tecnica è regolamentata in modo preciso ed è perfettamente legale e dove a chi porta avanti una maternità surrogata viene riconosciuto in genere un rimborso spese. Si tratta sempre di sfruttamento bieco? A sentire molte testimonianze in moltissimi casi si tratta di situazioni altruistiche su cui non si dovrebbe sindacare.
L’attenzione allo sfruttamento delle donne si dovrebbe piuttosto concentrare sul fatto che in larghissime aree del mondo le donne sono vessate, costrette a matrimoni da bambine, infibulate e non ultimo sfruttate economicamente per produrre beni per il mondo occidentale con paghe miserrime ed in condizioni ambientali pessime che producono innumerevoli vittime.
Gender cosa? tutte le bugie sulla “teoria del gender” di Rosario Coco
Come una teoria che non esiste sta mettendo sotto accusa associazioni, attivisti, persone LGBTI e tutti coloro che credono nella laicità e nell’uguaglianza dei diritti civili.
Ultimamente stiamo assistendo ad una forte campagna di disinformazione sulla presunta “teoria del gender”, volta a denigrare e a diffondere pregiudizi negativi sulle persone LGBTI (lesbiche, gay, bisex, trans, intersex) e a screditare le loro rivendicazioni di parità e uguaglianza. Questa teoria, infatti, secondo chi l’ha inventata, costituirebbe il “programma” di chi si batte per i diritti civili e contro le discriminazioni. In questa pagina sfateremo i principali tormentoni legati al “gender” e forniremo un insieme di link utili per approfondire l’agomento.
Ecco i principali tormentoni da sfatare: La “teoria del gender” impone la cancellazione delle differenze biologiche tra maschi e femmine – Falso!
La “teoria del gender” non esiste. Esistono gli studi di genere (che traduce l’inglese “gender”), nati per valorizzare le differenze tra le persone. Essi affermano che il sesso biologico è distinto dal genere, ovvero l’idea di “uomo” e “donna“ data in una società, la quale non dipende dalle differenze fisiche tra maschi e femmine. Oggi le donne accedono a professioni prima impensabili (soldata, manager) mentre molti uomini non hanno problemi a fare i lavori di casa.
L’educazione sessuale proposta dall’OMS vuole insegnare la masturbazione e altre pratiche sessuali ai bambini – Falso!
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), propone un’educazione adeguata ad ogni fascia d’età, che possa informare bambini e bambine sul proprio corpo per farle crescere in maniera libera e consapevole, prevenire complessi e patologie depressive e proteggerli dagli abusi. Il termine “masturbazione” è usato dall’OMS con un significato scientifico diverso da quello comune, in relazione alle varie fasi dello sviluppo sessuale.
I corsi “gender” insegnano che si può scegliere di essere omosessuali o di cambiare sesso a seconda di come ci si sente e pertanto minacciano la “famiglia tradizionale” – Falso!
I corsi “gender” non esistono, esistono corsi di educazione sessuale e affettiva indispensabili per contrastare il bullismo e insegnare ai bambini e alle bambine e promuovere la cultura del rispetto. Non si diventa gay, lesbica o trans, nè tanto meno lo si diventa perchè si impara a scuola che esistono l’omosessualità e la transessualità. In questo modo, invece, si evitano le discriminazioni e le sofferenze che investono le persone LGBTI presenti nelle classi, i loro amici, le loro famiglie e le persone eterosessuali vittime anch’esse di omofobia. Affermare, infine, che tutti e tutte hanno diritto a costituire una famiglia non costituisce minaccia alcuna e consente a ciascuno di vivere in libertà.
Insomma, con la scusa della difesa della famiglia tradizionale e dei bambini e gridando persino all’allarme di una fantomatica “dittatura del gender”, si accusano persone, associazioni e attivisti LGBTI di promuovere un’ideologia che non esiste. Si continuano ad instillare nelle menti delle persone pregiudizi e convinzioni completamente false e discriminanti, che in molti casi generano sofferenze, disadattamento, depressione e suicidi tra le giovani generazioni LGBTI, provocando forti disagi anche tra i loro amici e nelle loro famiglie.
La “propaganda anti-gender” rafforza le convinzioni di tutti quelle madri e quei padri che purtroppo già non accettano i loro figli e le loro figlie e sono in procinto di abbandonarli o picchiarli, rafforza la diffidenza e l’ignoranza già presente in molte persone violente, fortifica un clima di intolleranza che mette a rischio l’incolumità migliaia di persone (Secondo l’ISTAT le persone LGBTI in Italia sono 3 milioni). Per questi motivi, informarsi, condividere e informare diventa assolutamente fondamentale.
Gli inventori della “teoria del gender” credono che le differenze “uomo-donna” siano legate al sesso biologico e quindi predeterminate.
di Chiara Saraceno
da Repubblica del 27/12/2022
La decisione della ministra Roccella per i documenti costringe categorie di genitori a mentire
Un bambino può avere solo un papà e una mamma, non due papà, o due mamme. Se la realtà non corrisponde a questo principio, secondo la ministra della Famiglia, della Natalità e delle Pari opportunità Eugenia Roccella, le alternative sono solo due. Quella largamente preferita è che il bambino risulti ufficialmente orfano di un genitore, negando al genitore non biologico la possibilità di riconoscere quel bambino come proprio/a figlio/a e a questi di avere legalmente, appunto, due genitori. Se in questo modo si rende vulnerabile il bambino, sottraendogli il diritto legale alla protezione e mantenimento da parte di entrambi i genitori che lo hanno voluto, pazienza.
Si tratta, per Roccella, ma anche Salvini, Meloni e tutta la maggioranza di governo, di vittime secondarie, anzi sacrificali e sacrificabili, di una battaglia in difesa dei diritti dei bambini ad avere, appunto, un papà e una mamma. Come se togliere il diritto di un bambino ad avere, anche legalmente, due mamme piuttosto che due papà indebolisse quello di chi ha genitori nella formazione standard. Alla faccia delle pari opportunità tra bambini, oltre che tra adulti. La seconda opzione, nel caso "sfortunato" che un tribunale abbia riconosciuto la titolarità genitoriale ad entrambe le mamme o papà, è negarne l'evidenza sui documenti ufficiali, costringendo gli ufficiali anagrafici a dichiarare il falso e uno dei due genitori a dichiarare una appartenenza di sesso che manifestamente non ha, né desidera avere.
In base a questa granitica convinzione, la ministra della Famiglia Roccella, con il sostegno e su mandato della maggioranza di cui fa parte, ha ripristinato l'obbligo legale di indicare sulla carta di identità dei minorenni la dizione "padre" e "madre" come unica formulazione possibile. Non è bastato a trattenerla l'osservazione del tribunale che aveva accolto il ricorso di due mamme, secondo la quale utilizzare questa formulazione nel caso vi siano genitori dello stesso sesso, costituisce una "rappresentazione alterata, e perciò falsa, della realtà", paventando "gli estremi materiali del reato di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico", cioè un reato penale. Nel governo dei condoni si troverà l'escamotage per depenalizzare questo reato, anzi per premiarlo, punendo invece chi cercherà di rappresentare correttamente la realtà, ovvero l'esistenza di genitori dello stesso sesso.
Con l'arroganza propria di chi detiene un po' di potere sulla vita altrui, la ministra ha invitato in modo sprezzante (e del tutto non democratico) chi viene danneggiato dalla sua decisione a fare ricorso. Ben consapevole che questo scoraggerà i più, già scoraggiati dal lungo, problematico e costoso iter giudiziario che nel nostro Paese continua ad essere richiesto ai genitori dello stesso sesso che vogliono far riconoscere la propria bigenitorialità e ai propri figli il diritto ad avere due genitori legali a tutti gli effetti, a prescindere dalla biologia. Ma l'arroganza e l'ideologia possono anche produrre degli effetti paradossali. Proprio chi, come Roccella e compagni, si batte strenuamente contro la cosiddetta teoria gender, contro ogni distinzione tra l'appartenenza di sesso così come definita dalla biologia e identità di genere definita dal sentirsi uomini piuttosto che donne, opponendosi con successo al disegno di legge Zan, obbligando i genitori dello stesso sesso a distribuirsi nelle caselle dicotomiche "padre" e "madre", di fatto li costringe a designarsi in un modo che contrasta con la loro identità sia sessuale sia di genere. Costringe padri e madri perfettamente a loro agio con la propria identità sessuale e di genere ad assumere legalmente l'altra.
Un bel paradosso, al di là delle possibili conseguenze penali per falsa dichiarazione e del disagio che una simile rappresentazione della realtà può provocare in genitori e figli ogni volta che devono utilizzare la carta d'identità o il passaporto. Con quale legittimazione si potrà negare la carriera alias nelle scuole, o rifiutare che ci si possa definire in base a come ci si sente di essere, se lo Stato, in questo caso, lo impone con così arbitraria violenza?
La carriera alias è già realtà in numerose scuole, attualmente ce ne risultano 160. Ricordiamo brevemente che si tratta della possibilità che gli istituti scolastici danno ai propri studenti di utilizzare all’interno della scuola il nome da loro scelto invece di quello anagrafico. Non si tratta affatto di una ‘adesione all’ideologia gender’ - ideologia presente solo nell’immaginario di un cattolicesimo oltranzista - bensì della scelta più che lecita, anzi doverosa, di rendere la scuola un luogo dove tutti, e anche i giovani transgender, possano trovarsi a proprio agio. La finalità è quella di evitare episodi di bullismo nei loro confronti e di prevenire il conseguente abbandono scolastico, che recenti studi stimano a 43% per gli studenti transgender tra i 12 e i 18 anni. Si tratta quindi di un dovere di solidarietà sociale e di una tutela dei diritti di tutti gli studenti, inclusi quelli che non si identificano con il genere anagrafico di appartenenza. Questi ragazzi e ragazze esistono e noi lo sappiamo bene perché sono nostri figli e conosciamo la loro sofferenza in un ambiente che li discrimina o ancor peggio nega la loro stessa esistenza. Il fatto che esistano è confermato, se anche ce ne fosse bisogno, dall’Istituto Superiore di Sanità che stima tra 0,5-1,3% la percentuale di persone transgender e considera ‘naturali’ tutte le identità di genere, termine che indica ‘come una persona si definisce rispetto al genere a cui si sente di appartenere’. Queste identità, negate in passato, emergono oggi con minore difficoltà e tante sofferenze possono venire evitate. Quanto alla libertà educativa delle famiglie, non riteniamo che possa essere messa in dubbio nelle scuole che adottano la ‘carriera alias’, a meno che si intenda libertà di discriminare. L’educazione poi riguarda scelte e valori e non certamente l’identità delle persone. Di recente la Fondazione Veronesi ha ricordato in un convegno: ‘Oggi vigono ancora diseguaglianze e discriminazioni sessuali e di genere, che ledono alla base la dignità della persone e il rispetto e la valorizzazione delle diversità’. Non adottare la carriera alias perpetua la situazione descritta da Fondazione Veronesi, e per questo Agedo è attiva perché tutte le scuole attuino questa forma di tutela, per una società inclusiva e rispettosa dei diritti di tutti.
Fiorenzo Gimelli, Presidente di AGeDO Nazionale
Rispondiamo alla Ministra Eugenia Roccella che, nella sua lettera al Corriere della Sera, nella quale afferma che tutte e tutti nasciamo da un padre e una madre. Sottintende forse che anche quei genitori, sposati ed eterosessuali che ricorrono in Italia legalmente alla Procreazione Medicalmente Assistita, siano meno genitori di altri? O non siano genitori affatto? E se già intende questo, figuriamoci poi riconoscere quelle famiglie dove ad essere genitori sono due mamme e due papà.
A questo e ad altri punti, rispondiamo con fermezza, attraverso le parole della nostra presidente Alessia Crocini, ribadendo un punto chiave: alle nostre figlie e ai nostri figli non mancano genitori, mancano diritti!
Elena Broggi
vicepresidente AGEDO Nazionale
Cara Eugenia Roccella, vorrei rispondere alla sua affermazione, che rimbalza da giorni sui media, che si nasce tutti da un padre e da una madre. Sono Alessia Crocini e sono la presidente di Famiglie Arcobaleno, una associazione che riunisce genitori e aspiranti genitori LGBTQI+ e che si batte per la piena parità dei diritti dei bambini con due mamme o due papà. Sì, proprio quelli di cui lei, da Ministra della Repubblica, nega l’esistenza.
La nega quando afferma che TUTTI saremmo nati da una madre che ci ha partorito e da un padre biologico. Eppure nel nostro paese da anni sono perfettamente legali i percorsi di Procreazione Medicalmente Assistita, anche la cosiddetta eterologa. Quei percorsi che le coppie formate da un uomo e una donna possono fare per diventare genitori e superare eventuali problemi di sterilità. Percorsi non solo legali ma pagati dal Servizio Sanitario Nazionale che consentono oggi a coppie eterosessuali di diventare genitori attraverso la donazione di ovuli e seme. E che permettono ogni anno a migliaia di coppie di diventare mamme e papà pur non avendo nessun legame biologico con i propri figli.
Lei pensa quindi che non siano veri genitori? Vere madri e veri padri?
Ecco, le coppie dello stesso sesso, fanno lo stesso identico percorso in paesi in cui questo è perfettamente legale.
Le coppie di mamme accedono a una donazione di seme in moltissimi paesi europei, partoriscono in Italia bambini che però, a differenza dei bambini nati nello stesso identico modo da una mamma e da un papà, non hanno diritto a vedersi riconosciute entrambe le loro madri dalla legge italiana.
Lei sa meglio di me che da quando esiste la contraccezione le donne hanno potuto decidere se, quando e come diventare madri e con la diffusione delle tecniche di fecondazione, anche le persone colpite da sterilità possono diventare genitori. Il se, quando e come diventarlo, cara Roccella, non è affar suo ma è nella libertà di ognuno di noi.
Genitori biologici, genitori adottivi, genitori affidatari, genitori intenzionali: sono scelte che riguardano l’intimità di ogni singola persona.
Da quando la scienza ci consente di sopravvivere a malattie mortali e di diventare genitori, la genitoriaità e la capacità di procreare non vanno sempre di pari passo. Ma questo a ben vedere succede dalla notte dei tempi: i bambini nel mondo sono sempre stati cresciuti, amati, protetti ed educati da chi ha donato loro il proprio patrimonio genetico? È la lotteria del DNA che ci rende genitori o la responsabilità che ci assumiamo nei confronti dei nostri figli di amarli e curarli in ogni aspetto della loro crescita? Ed è proprio quello che la mia associazione chiede da 18 anni: essere riconosciuti come genitori perché anche noi persone gay, lesbiche, bisessuali, transgender e queer lo siamo, da sempre.
Siamo genitori ogni giorno della nostra vita e della vita dei nostri figli, anche in assenza delle più elementari tutele legali e a prescindere da quanto del nostro DNA alberghi in loro. Anche in un paese come il nostro dove le stesse istituzioni, e lei ne è un esempio lampante, non perdono occasione per attaccarci e denigrarci.
Cara Roccella, io sono MADRE di un bambino di 8 anni che non ho partorito e con cui non ho legami biologici, riprendendo quanto scritto da lei: umilmente penso che la paura della morte non si sconfigga con la sicurezza di trasmettere il proprio patrimonio genetico ma con la certezza di lasciare al mondo figli e figlie fortemente voluti e infinitamente amati.
ALESSIA CROCINI
Presidente di Famiglie Arcobaleno
Associazione di genitori e aspiranti genitori LGBTQI+
ProVita: “Diffidate le scuole della carriera alias”.
Gli studenti e i genitori: "Non ci sono motivi giuridici per cancellarle"
di ELENA TEBANO
Corriere della Sera
«Mio figlio ha seguito un corso di Pronto soccorso a scuola, ma non l'ha concluso perché sul certificato ci sarebbe stato il suo nome anagrafico e non quello che usa in classe». Anna Maria Fisichella, madre di un ragazzo transgender che frequenta un liceo milanese e volontaria di Agedo (l'associazione che riunisce familiari e amici delle persone lgbt+), spiega così l'importanza della carriera alias, ovvero il meccanismo che permette alle studentesse e agli studenti transgender e non binari di usare in classe, sui registri e per le verifiche, il nome di elezione, cioè quello che corrisponde alla loro identità di genere e non al sesso biologico con cui sono stati registrati all'anagrafe.
Per i ragazzi e le ragazze transgender essere identificati con un genere diverso da quello in cui si riconoscono è così doloroso che pur di evitarlo spesso non finiscono gli studi. Il tasso di abbandono scolastico per le persone transgender tra i 12 e i 18 anni in Italia, spiega Agedo, è del 43%, altissimo: lascia quasi uno su due. Per scongiurare queste e altre conseguenze sempre più istituti italiani hanno introdotto le carriere alias, spesso su richiesta dei genitori preoccupati per i loro figli.
Tante scuole che hanno attivato la carriera alias, legittima decisione presa dai consigli d'istituto nell'ambito della legge sull'autonomia scolastica, rifiutano la pesante intimidazione dei gruppi antigender, proseguendo, con decisione, la strada intrapresa.
Liceo Artistico di Ravenna, "Niente passi indietro"
Istituto Veronesi di Rovereto: ''Non cancelleremo regolamenti, continueremo con la cultura del rispetto''
Per saperne di più:
Diffida al Liceo Artistico di Ravenna per l’uso della carriera alias.
Il dirigente Dradi: “adottata da 5 studenti, non faremo passi indietro”
L'artico completo qui:
https://www.ravennanotizie.it/cronaca/2022/12/10/diffida-al-liceo-artistico-di-ravenna-per-luso-della-carriera-alias-il-dirigente-dradi-adottata-da-5-studenti-non-faremo-passi-indietro/?fbclid=IwAR2b6UY-qV2B_bxJ8RmYB_PL_ppJjwg6eSzRkra7Fw354jOm5klbhB7vlc0
Carriera Alias, dopo la diffida di ProVita la risposta dell'istituto Veronesi di Rovereto: ''Non cancelleremo regolamenti, continueremo con la cultura del rispetto''
Nei giorni scorsi Pro Vita, attraverso una nota, aveva spiegato di aver lanciato una campagna legale “contro l’ideologia gender in Italia”, notificando circa 150 diffide. Oggi la risposta che arriva dall'istituto G. Veronesi di Rovereto con la direttrice Laura Scalfi che sulla carriera Alias spiega: "È evidente che l'istituzione scolastica sopperisce ad un vuoto normativo, ma dell'inerzia dell'istituzione non possono pagarne il prezzo gli studenti"
L'artico completo qui:
https://www.ildolomiti.it/politica/2022/carriera-alias-dopo-la-diffida-di-provita-la-risposta-dellistituto-veronesi-di-rovereto-non-cancelleremo-regolamenti-continueremo-con-la-cultura-del-rispetto?fbclid=IwAR1tVQ-be8DwCW5kRZJk3Jye6-H6-u9f7IAhOUXY56XMJem3NQWNc6uyC94