È il coming out è l’elemento centrale del rapporto tra figli e genitori quando i figli hanno orientamento sessuale lgbt. Le risposte davanti a questa scoperta possono essere di vario tipo, perché diverse sono la sensibilità e il grado di conoscenza e di consapevolezza. Oggi però, per fortuna, l’informazione è tale per cui molte famiglie sanno che l’orientamento sessuale è una caratteristica intrinseca delle persone e supportano, stimolano e aiutano i loro ragazzi nei confronti di una società a volte ostile. Purtroppo stiamo scontando ancora oggi lo scotto degli stereotipi accumulatisi nel corso degli anni e della cattiva conoscenza. A questo si aggiunge l’impatto che spesso hanno la religione e le gerarchie ecclesiastiche. Capita quindi che i genitori si  preoccupino quando i figli fanno coming out. A volte non sono in grado di gestire questa situazione e allora vanno letteralmente in crisi davanti a fenomeni di rifiuto; ci sono genitori che apparentemente accettano la situazione, ma poi si tengono tutto dentro vivendo l’omosessualità dei figli come fosse una vergogna di cui non si può parlare e quelli che la vivono come una malattia da curare a tutti i costi. Davanti a questa variegata gamma di situazioni Agedo cerca di intervenire affinché tutti comprendano che noi, e soprattutto i nostri figli, siamo all’interno della normalità delle cose quando si parla di orientamento si parla di identità su cui nessuno può non positivo e negativo.

– Qual è il cammino di accettazione di un genitore che scopre di avere un figlio lgbt?

Non parlerei di accettazione perché accettazione è una parola che, se ci pensiamo bene, presuppone che qualcuno abbia la verità in tasca e accetti chi invece non ce l’ha. Parlerei invece della comprensione di un mondo vasto, in cui ogni persona è talmente diversa dalle altre che nessuno può  essere inscatolato in una facile casella; penso quindi sia opportuno far capire che l’orientamento sessuale è una questione costitutiva delle persone di cui non si conosce la genesi, in una parola non si sa perché nasciamo etero, o cisgender o transgender. La questione va impostata diversamente. Spieghiamo ai genitori qual è stato il percorso di ognuno di noi, quali sono le recenti acquisizioni scientifiche, aiutando gli altri a capire che l’omosessualità non è una perversione, ma semplicemente l’espressione di una realtà molto più complessa ed articolata. Quindi, come ci sono persone che amano persone dell’altro sesso, così ci sono persone che amano persone del proprio sesso. Questo orientamento è minoritario in termini numerici ma è sorretto da valori che sono, o dovrebbero essere, basilari per tutti.

– Quant’è importante, per un padre e una madre, poter condividere questo momento delicato della loro vita?

Purtroppo sembra che ancora oggi solo una minoranza dei ragazzi facciano coming out in casa o nel proprio gruppo di appartenenza – in particolar modo con gli amici. Le difficoltà principali sono la paura dell’indifferenza e del rifiuto (specialmente in famiglia), per cui in molti casi i ragazzi per poter vivere si “sdoppiano”: hanno un certo atteggiamento con la famiglia e un altro fuori, dove possono manifestare il proprio orientamento e la propria identità. A me personalmente sembra una terribile sconfitta perché un comportamento del genere impedisce al genitore di entrare in relazione con l’evoluzione del figlio/a: in questo modo  non si può fare il genitore compiutamente – non si può aiutarlo  a leggere la realtà né tantomeno costruire un rapporto autentico ed intenso. Solitamente una persona parla della propria vita e dei rapporti che ha con amici, parenti e partner. Ci sono persone omosessuali che sono costrette a glissare, evitando di parlare della loro vita privata, per paura di essere derisi, emarginati o peggio. Forse la società non è ancora del tutto pronta ad accogliere le persone lgbt. Vero è comunque che sono stati fatti molti passi in questo senso: sta a noi continuare su questa strada e mostrare come anche questo modo di essere e di amare debba essere considerato assolutamente nella norma.

– Ovviamente i genitori che approdano alla Agedo sono persone che cercano di accettare l’omosessualità dei propri figli. Che lei sappia sono più i genitori che finiscono per accettarli o quelli che li rifiutano?

I genitori che approdano all’Agedo per la prima volta in genere sono genitori in difficoltà davanti all’omosessualità dei propri figli. Sono spaventati dagli stereotipi e dal rifiuto della società; d’altra parte vedono che hanno di fronte una persona reale a cui vogliono bene. Si rivolgono a noi per cercare di superare questo conflitto. Questo è stato il percorso di molti genitori che abbiamo accompagnato dando loro informazioni, anche tecniche, consigli di lettura ed aiuto concreto per capire davvero cosa sono l’orientamento sessuale e l’identità di genere. Dopo questo percorso molti riescono a risolvere in modo positivo la questione, anche perché il problema non è tanto l’orientamento sessuale, quanto l’omofobia e la transfobia. Questo è quanto noi vogliamo ribadire con forza in ogni situazione e chiediamo che nella scuola si faccia educazione all’affettività e alla sessualità con specialisti del settore competenti, che diano informazioni corrette ai nostri giovani e che questo sia obbligatorio per tutti perché spesso la famiglia non ha gli strumenti necessari per poter dare un giudizio per poter affrontare il tutto in modo coerente. Soprattutto si dovrebbe spiegare agli adolescenti come si arriva ad acquisire un determinato orientamento sessuale e cosa succede nel proprio organismo: insomma le pulsioni. Altra cosa che noi vogliamo è come gestire tutto questo: ed è qui che entrano in campo le scelte valoriali che ognuno è chiamato a fare, ed è logico che, se si danno informazioni corrette, questi valori saranno giusti e condivisibili.

– Qual è il primo consiglio che darebbe ad un padre o ad una madre che scoprono di avere un figlio lgbt?

Parecchie volte ho avuto a che fare con persone che avevano da poco scoperto figli omosessuali o transgender, che vengono a chiedere consiglio: in genere sono scossi perché spesso in questa società non si fa informazione corretta. Proprio per questo il consiglio che do a tutti è quello di formarsi, ed educarsi ad ascoltare chi ha già vissuto questa esperienza, non perché esistano modelli già dati, ma perché una volta capito che nessuno può influire sull’orientamento sessuale o di genere dei propri figli è assolutamente necessario tranquillizzarsi perché è esattamente come avere un figlio con i capelli rossi e le lentiggini: ti possono piacere o non piacere ma quello è. Non voglio banalizzare ma questo è il nocciolo della questione. Noi cerchiamo semplicemente di batterci perché i nostri figli, e i figli di tutti, stiano meglio possibile e siano messi in grado di affrontare le sfide della vita senza dover continuamente guardarsi le spalle a causa del loro orientamento e/o loro identità: è ingiusto che si debba sopportare un peso simile. Bisogna quindi che siano assolutamente sereni e tranquilli, per condividere apertamente, quando e se lo riterranno opportuno, le scelte di vita dei loro figli. Spesso ci sentiamo dire che è sbagliato farlo: noi ribadiamo che sono sempre i nostri figli, e che l’unica scelta che possono davvero fare, in negativo, è quella di nascondersi e di reprimere ciò che sono. Questo è quello che accadeva fino a poco tempo fa ed è profondamente ingiusto.

Grazie a Fiorenzo Gimelli per le sue parole lucide e piene di speranza. Lasciamo a lui la conclusione della nostra chiacchierata:

“Vorrei finire insistendo su alcuni punti che a mio avviso possono essere utili. Per prima cosa vorrei dire che il nostro obiettivo è quello che un giorno l’Agedo possa sciogliersi, mancando i presupposti per la sua esistenza. Purtroppo però, dopo un quarto di secolo, all’orizzonte non c’è nulla di simile, visto che pare che questo periodo non sia molto felice, anche perché da qualche parte vengono messi in contrapposizione diritti sociali e diritti civili, cosa assolutamente sbagliata e incongrua. Ciò che ci preme dire è che la battaglia per i diritti è una battaglia per stare meglio tutti e che dovrebbe coinvolgere tutti, perché ognuno di noi, per qualche motivo, fa parte di una minoranza. Quindi questo nostro sforzo per i diritti delle persone lgbt, si inserisce in un quadro più generale che tiene conto di argomenti quali il diritto di cittadinanza, l’immigrazione, il fine vita e altri in cui il nostro paese è costantemente in ritardo rispetto agli altri paesi occidentali con cui si vuole confrontare. Spesso e volentieri si pone l’accento sui doveri, e solo in un secondo tempo si parla di diritti. Ma, dato per scontato che tutti noi abbiamo uguali doveri, non si capisce perché non dobbiamo avere anche gli stessi diritti. Noi affrontiamo il problema dal punto di vista dei genitori, e come tali siamo interessati al benessere integrale dei nostri figli: a partire da questo ora si sta cominciando giustamente a parlare anche di genitorialità omosessuale, di possibilità di adozione. Da due anni c’è una legge, sia pure imperfetta, sull’unione civile, quindi qualche passo avanti è stato fatto, ma è ancora troppo poco. Quindi noi invitiamo tutti ad andare avanti testardamente su questa strada: questo non significa né alzare la voce né usare la violenza, ma affermare la necessità che venga allargato il ventaglio dei diritti umani e civili, perché più diritti ci saranno e più staremo meglio tutti”