Il Pride ha origine con la “rivolta di Stonewall”: violenti scontri fra la comunità omosessuale e trans e la polizia avvenuti a New York e culminati il 28 giugno 1969, a seguito dell’ennesima irruzione violenta e immotivata dei poliziotti in un bar gay nel Greenwich Village, lo Stonewall Inn. Il 28 giugno è considerato simbolicamente il momento della nascita del movimento di liberazione lesbico, gay, bisessuale e trans moderno in tutto il mondo ed è stato scelto come data per la “Giornata mondiale dell’orgoglio LGBT*” o “LGBT* Pride”. Come la Giornata della Memoria, la Giornata Internazionale della Donna, la Festa della Liberazione la Festa dei Lavoratori merita lo status di celebrazione. Celebrazione dal carattere commemorativo ma al tempo stesso festoso, che richiama la tradizione del carnevale a cui spesso la parata viene accomunata in modo poco lusinghiero: il carnevale, tuttavia, è il momento dell’anno in cui fin dall’antichità tutte e tutti, per un giorno, sono uguali, e possono dileggiare bonariamente i potenti, attraverso il rovesciamento dei ruoli e la libera espressione di caratteristiche personali che rimangono celate, quando non esplicitamente osteggiate, durante il resto dell’anno.

Il claim del 2018, Nessun dorma, richiama chiaramente l’attenzione sui tempi cupi, “bui” e troppo spesso “addormentati” in cui viviamo, dal punto di vista di discriminazioni, violenze e tutela dei diritti. Tempi in cui prende piede una cultura della semplificazione ad opera dei “luoghi comuni”, in cui chi è “diverso” o percepito come tale assume facilmente il ruolo di capro espiatorio. Tempi di crisi economica, sociale e culturale in cui rialza la testa un fascismo dai mille volti. Tempi in cui, ad esempio, un nazifascista a Macerata pensa di farsi “giustizia (razziale) da sé”, sparando a tutte le persone di pelle scura che incontra per strada, dove sa di poterle incrociare. Tempi in cui Forza Nuova, che all’esperienza fascista fa esplicito riferimento, non soltanto è ammessa a partecipare alla competizione elettorale (così come Casa Pound), ma può presentare candidati/e alla Camera e al Senato, acquisendo una visibilità inaudita prima delle recenti elezioni, sotto il quasi totale disinteresse generale. Tempi in cui forze politiche che non si dichiarano esplicitamente fasciste lo sono nei fatti, vivendo dell’odio nei confronti degli immigrati, dei “diversi” e dei più “deboli”. È così che fanno il pieno di voti e rischiano di governare questo sfiancato e impaurito Paese.

Il Pride di quest’anno, dunque, è dichiaratamente e nettamente antifascista, antirazzista e di lotta, se possibile ancor più di quelli precedenti. L’immagine, quella di un pugno chiuso dai colori arcobaleno, è il segno di chi non abbassa né la testa, né l’attenzione. A partire dalla guerra civile spagnola il pugno chiuso è diventato simbolo di tutti i movimenti che si opponevano al fascismo.  È stato utilizzato successivamente da diversi movimenti per i diritti dei gruppi discriminati, in nome della solidarietà e della ribellione: il movimento per i diritti civili degli anni Sessanta, il movimento femminista americano e il movimento dei militanti per i diritti dei neri. È stato mostrato con coraggio da Tommie Smith e John Carlos alla premiazione delle Olimpiadi del 1968 a Città del Messico, e ancora da Nelson Mandela il giorno della sua liberazione. Un pugno chiuso scelto per dire #MeeToo, “non mi vergogno e non sono sola”, la denuncia dell’abuso, dello sfruttamento, della violenza maschile contro le donne, lanciato dalla femminista nera Tarana Burke e divenuto recentemente un simbolo internazionale. Marielle Franco, brutalmente assassinata il 14 marzo, è emblema dell’intersezione tra queste diverse lotte: si definiva «nera, lesbica e attivista politica, madre a 19 anni e femminista», ed è un esempio di come dietro un pugno alzato in nome della libertà e della giustizia possano essere racchiuse istanze differenti ma legate tra loro. 

Tra i temi proposti dal Piemonte Pride rimane centrale l’autodeterminazione dei corpi, il diritto di esprimere in libertà le proprie caratteristiche personali e i propri desideri, e di vivere secondo la propria volontà, quando questo non danneggi altri e altre.  La naturalizzazione dell’eterosessualità e del binarismo di genere, che sono al contrario strutture costruite storicamente e culturalmente, è divenuta una sorta di crociata che tenta di impressionare e convincere non tanto gli avversari quanto i legislatori, i parlamentari, i giornalisti e la società civile e si pone l’implicito obiettivo di mantenere in posizione subordinata e sottomessa non soltanto la comunità LGBTTQI* ma anche tutto il genere femminile.

 Il pugno alzato dai colori arcobaleno, quindi, è anche il simbolo dell’espressione della propria identità di genere e della propria sessualità in senso più ampio. È simbolo di una lotta che ci liberi da ogni forma di violenza omo/bi/lesbo/transfobica e di genere, fisica o psicologica. Ma è anche rivendicazione della piena uguaglianza nell’esercizio del diritto all’autodeterminazione rispetto a scelte cruciali come la procreazione medicalmente assistita, l’interruzione volontaria di gravidanza, l’eutanasia e il suicidio assistito. È simbolo del riconoscimento di soggettività a cui ancora troppo spesso vengono sottratti dignità e valore: le persone disabili, di cui non sono tutelati alcuni diritti fondamentali, come i diritti sessuali; le persone che soffrono di disagio psichico, spesso associate con una retorica disarmante all’immagine del criminale, con il risultato di marginalizzare ancora di più realtà già provate dall’isolamento e dalla fragilità sociale ed economica; migranti, “nuovi” italiani e rifugiati, che, ancor prima dei diritti civili e sociali, si vedono troppo spesso negare i più basilari diritti umani.

 Il mancato riconoscimento dei diritti fondamentali, oltre a rappresentare una contraddizione e una sconfitta sociale e culturale, è oltretutto distante da quanto espresso nella Costituzione Italiana. L’articolo 3 afferma: «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Esso esprime uno dei principi più significativi della Costituzione Repubblicana: conseguenza diretta dei valori ereditati dalla Rivoluzione francese (libertà, uguaglianza e fraternità), è in linea con la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. La proclamazione del principio di uguaglianza segna una netta rottura nei confronti del passato, quando la titolarità dei diritti e dei doveri dipendeva dall’estrazione sociale, dalla religione o dal sesso. 

Il primo comma dell’articolo sancisce l’uguaglianza in senso formale, il secondo l’uguaglianza in senso sostanziale: uguaglianza “formale” significa che tutte e tutti sono titolari dei medesimi diritti e doveri, uguaglianza “sostanziale” significa che lo Stato ha il compito di intervenire per rimuovere tutte le barriere di ordine naturale, sociale ed economico che possano ostacolare la piena realizzazione dell’individuo e agire concretamente per mettere tutte e tutti nelle stesse condizioni di partenza, conferendo pari opportunità per sviluppare pienamente e liberamente la propria personalità. Le differenze di fatto o le posizioni storicamente svantaggiate, quindi, possono essere rimosse anche con trattamenti particolareggiati che altrimenti sarebbero discriminatori. Il carattere aperto del principio di uguaglianza ha consentito alla Corte Costituzionale di adeguare il quadro dei diritti e dei doveri all’evoluzione economica e sociale del Paese,  e ha fatto sì che i divieti di discriminazione siano stati estesi, per via giurisprudenziale, agli orientamenti sessuali, alle minoranze etniche e religiose, alla diversa abilità, all’età. L’uguaglianza rimane un principio e un obiettivo irrinunciabile che deve essere difeso e tutelato soprattutto quando, come oggi, risulta al centro di un attacco incrociato, sia nella sua accezione formale che in quella sostanziale.

 Le lotte del movimento LGBTTQI* dai drammatici eventi dello Stonewall Inn ad oggi hanno provocato una mutata attenzione nei confronti delle istanze avanzate, sia sul piano nazionale sia su quello internazionale, da parte dell’opinione pubblica, dei mezzi di comunicazione e della classe politica. Tale attenzione, tuttavia, non corrisponde ancora al completo riconoscimento delle rivendicazioni della comunità. È certamente indubbio che alcune di esse siano state accolte a livello politico, ma occorre insistere sul piano istituzionale per ottenere i diritti ancora negati e, al contempo, continuare ad aprirsi a un confronto ampio e permeabile con la società civile per decostruire, attraverso il dialogo, i pregiudizi che ancora sono diffusi nei confronti delle persone LGBTTQI*.

Nel ranking dei diritti elaborato da ILGA Europe (International Lesbian, Gay, Bisexual, Trans and Intersex Association) l’Italia ottiene il 27%, punteggio piuttosto sconfortante se paragonato al 78% della Norvegia e al 76% del  Regno Unito. Nel report 2017, si afferma della situazione italiana a seguito dell’approvazione legge sulle unioni civili: «molti […] sono rimasti sgomenti dalla decisione del governo di eliminare l’adozione da parte del secondo genitore pur di garantire la sopravvivenza della legge. Un linguaggio omofobico verso le coppie dello stesso sesso e i loro figli, usato dai parlamentari che si opponevano alla legge, è diventato lo sgradevole marchio di tutto l’iter legislativo. In un paese in cui i discorsi di odio contro le persone LGBTI non sono oggetto di leggi, questo è stato un momento particolarmente difficile per le famiglie arcobaleno». Secondo ILGA Europe l’Italia, che ha un punteggio più basso di Paesi che si ritengono lontani dall’aver raggiunto una situazione giuridica pienamente egualitaria (come Albania, Bosnia, Kosovo e Montenegro), dovrebbe approvare il matrimonio egualitario, estendere l’accesso alle tecniche di procreazione assistita e proibire gli interventi sui minori intersex quando non vi siano necessità mediche. Ancora molta strada da fare, quindi, e molti punti da conquistare nella classifica dei diritti umani.

LE RIVENDICAZIONI 

La principale richiesta è di investire nella sensibilizzazione, nell’in/formazione e nell’educazione a proposito delle tematiche LGBTTQI*, con l’obiettivo di costruire una società accogliente nei confronti di ciò che è considerato “diverso” e in cui la discriminazione venga condannata, anziché incoraggiata durante i discorsi elettorali. Il superamento di stereotipi e pregiudizi, raggiungibile attraverso un’adeguata informazione, garantisce uno sviluppo armonioso ed equilibrato della persona, contribuendo alla creazione di un clima in cui si senta completamente libera di esprimere se stessa, e in particolare il proprio orientamento sessuale e la propria identità di genere, nella piena facoltà di autodeterminazione. Nel conseguire questo fine rivendichiamo:

LEGGE CONTRO L’OMO/BI/LESBO/TRANSFOBIA: l’estensione della legge Mancino – che prevede aggravanti penali ai crimini di «odio per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi» – anche ai crimini d’odio commessi con l’intento di denigrare l’orientamento sessuale e l’identità di genere.

LEGGE SUL CAMBIO DI GENERE: la riscrittura completa della legge 164, affinché sia garantito a tutti e tutte il diritto all’autodeterminazione del proprio corpo e della propria identità di genere, anche sui documenti di identità.

DEPATOLOGIZZAZIONE DELLA TRANSESSUALITÀ: prima considerata “disturbo dell’identità di genere”, ora "disforia di genere" dal DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi mentali), si richiede che la transessualità sia del tutto depennata dall’elenco delle patologie psichiche, come accaduto per l’omosessualità.

 INTERSESSUALITÀ: la cessazione delle riassegnazioni chirurgiche del sesso dei bambini nati con genitali ambigui (intersex), affinché la persona direttamente coinvolta abbia la possibilità di esprimersi autonomamente, al raggiungimento di un’età in cui abbia la facoltà di esercitare appieno il proprio diritto all’autodeterminazione e sia in grado di dare il proprio consenso informato a eventuali trattamenti.

MATRIMONIO: le coppie costituite da persone dello stesso sesso dovrebbero avere uguale dignità e i medesimi diritti assicurati alle coppie eterosessuali. La legge italiana favorisce, di fatto, un principio antidemocratico e discriminatorio, non garantendo alle coppie omosessuali l’accesso al matrimonio: chiediamo parità di diritti anche su questo piano, parità ormai tutelata in molti paesi d’Europa e non solo.

UNIONI CIVILI: unioni di tipo diverso rispetto all’unione fondata sul matrimonio, che siano accessibili a tutte e tutti i cittadini (e non soltanto alle coppie dello stesso sesso in quanto formazioni sociali specifiche con una regolamentazione dedicata, come avviene oggi), affinché sia garantito il diritto di scegliere in libertà da quale istituto giuridico ci si senta meglio rappresentati e tutelati.

ADOZIONI: chiediamo che venga garantita la possibilità di adozione di minori da parte di singoli, singole e coppie, indipendentemente dall’orientamento sessuale di chi ne fa richiesta; anche in questo caso, come già avviene in molti paesi europei e non solo.

TUTELA DEI FIGLI E DELLE FIGLIE DELLE COPPIE OMOGENITORIALI: riteniamo inaccettabile che un genitore, se divenuto tale come parte di una coppia omosessuale, sia costretto ad adottare il proprio figlio sociale attraverso un oneroso percorso in tribunale dall’esito incerto, in quanto la decisione viene rimessa a un giudice con pieno potere deliberativo. Pertanto consideriamo assolutamente insufficiente anche la prospettiva offerta dalla Stepchild adoption. Chiediamo l’introduzione nell’ordinamento di famiglia della possibilità per ogni genitore di riconoscere alla nascita i propri figli, dal momento che attualmente questa possibilità è garantita soltanto al genitore biologico ma non a quello sociale. Si tratta di una misura necessaria affinché entrambe le figure genitoriali siano riconosciute e siano chiamate alla responsabilità della propria prole, vedendo salvaguardata la relazione con i figli. Per i bambini e le bambine che già esistono chiediamo l’adozione piena e legittimante da parte del genitore sociale, anche nei casi in cui sia avvenuta una separazione della coppia genitoriale. Reputiamo fortemente discriminatoria per il genitore non biologico la continua necessità di deleghe per prendersi cura dei propri figli. Ed è ancora più ingiusto per i bambini e le bambine il disinteresse dimostrato dallo Stato nel garantire la continuità affettiva e materiale con il genitore non biologico. Tale disinteresse non solo incrina la loro fiducia in un'istituzione che li considera essenzialmente “figli di un Dio minore” laddove dovrebbe tutelarli, ma ne  compromette la serenità non riconoscendo le famiglie nelle quali avviene la loro crescita fisica, emotiva ed esperienziale.

PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA: l’abolizione della Legge 40 e la parità di diritti per tutti e tutte all’accesso alla Procreazione Medicalmente Assistita.

FORMAZIONE ED EDUCAZIONE: la tutela al diritto di corretta in/formazione, in particolare in ambiente scolastico. Affinché l’informazione sia libera da censure e non contribuisca alla discriminazione attraverso la formazione di stereotipi, bensì all’educazione alle differenze e alla creazione di una cultura che valorizzi l’espressione personale come forma di libertà, verso il superamento delle varie forme di bullismo, soprattutto di quello omo/bi/lesbo/transfobico.

ALTRE RIVENDICAZIONI 

LAVORO E WELFARE: rispetto, libertà, dignità per lavoratori e lavoratrici, e leggi che non favoriscano la precarizzazione del mercato del lavoro. Rivendichiamo, inoltre, l’affermazione di un welfare universale.

IUS SOLI E DIRITTI DEI MIGRANTI E DEI RIFUGIATI: approvazione dello ius soli; revisione delle politiche nei confronti dei rifugiati per favorirne un reale inserimento dopo l’uscita dai centri di accoglienza e tutela dei diritti fondamentali di ogni migrante, richiedente asilo o meno.

DIRITTI SESSUALI: riconoscimento dei diritti sessuali delle persone disabili e della figura dell’assistente sessuale.

LEGGE SU EUTANASIA E SUICIDIO ASSISTITO: dopo il riconoscimento del diritto di stilare le Dichiarazioni Anticipate di volontà nei Trattamenti sanitari, chiediamo l’approvazione di una legge  che garantisca ai cittadini anche il diritto alla libera scelta per quanto riguarda il fine vita, affinché porre fine ad agonie prolungate e ad accanimento terapeutico diventi una possibilità concreta.