Mostra foto-documentaria "Adelmo e gli altri. Omosessuali al confino in Lucania."
La mostra ricostruisce le vicissitudini che portarono un nutrito numero di omosessuali a scontare la pena del confino nei paesi del Materano e i rapporti che vi stabilirono con le popolazioni. Con questa mostra ci si propone di far conoscere una specifica realtà, per troppo tempo ignorata volutamente, a un vasto pubblico e, in particolare, alle nuove generazioni.
E’ un progetto di:
A.Ge.D.O. Torino OdV – Associazione di Genitori, parenti e amici di persone LGBT
La mostra è stata esposta per la prima volta a Casarcobaleno nel 2015 in occasione della Giornata della Memoria, in collaborazione con Arcigay Torino “Ottavio Mai”
Il 20 maggio 2017, su impulso del Servizio LGBT della Città di Torino, la mostra è stata presentata al Polo del ‘900 di Torino – Palazzo San Celso.
Sostenuta da numerose collaborazioni:
Città di Torino, Circolo Pink di Verona, Agedo Nazionale, Arcigay Torino “Ottavio Mai”, Coordinamento Torino Pride, ANED Associazione nazionale ex deportati nei campi nazisti, Sezione “Dante Di Nanni” di Torino dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, Associazione Nazionale Partigiani d’Italia della Provincia di Matera, Associazione culturale L’Atrio di Matera, Associazione culturale Le Oasi di Torino, Associazione culturale Pretesto Torino
Registrando la partecipazione di:
Cristoforo Magistro, curatore della mostra,
Marco Giusta, assessore al Comune di Torino,
Susanna Maruffi, presidente ANED di Torino
Rita De Santis, presidente onoraria nazionale di Agedo
Alessandro Battaglia, coordinatore Torino Pride
Dal 2017 la mostra è stata ospitata in molte località italiane stimolando la realizzazione di più di 40 iniziative che hanno visto una grande partecipazione di pubblico e guadagnando recensioni da vari organi di stampa nazionali e locali.
Presentazione
Si è voluto dare il nome di Adelmo a questa mostra perché così si chiamava il più giovane - 18 anni - dei confinati dei quali si cerca qui di ricostruire le vicende. Si sarebbe potuto altrettanto a ragione intestarla a Giuseppe, morto probabilmente suicida a 22 anni - morto di omofobia come oggi si direbbe - oppure a Catullo, confinato per la seconda volta a 51 anni; oppure a uno qualunque dei ventinove protagonisti di queste storie. Tutte hanno qualcosa che le rende uniche. Si tratta di storie, inevitabilmente parziali, ricostruite soltanto sulla scorta delle carte di polizia e degli atti giudiziari, nella consapevolezza che la vita delle persone a cui si riferiscono fu più complessa e - si spera - serena di quanto risulta da quella documentazione. Il rischio che si corre in questi casi è duplice. Ci si può appiattire al modo di vedere le cose proprio degli organi dello Stato fascista; oppure, al contrario, guardare a quegli stessi fatti da una prospettiva troppo attualizzata lasciando in ombra le peculiarità dei tempi e dei luoghi in cui accaddero. Dato il carattere foto-documentario di questa mostra, si è qui scelto di esporsi sul versante di una visione giudiziaria, lasciando al visitatore il compito di meglio interpretare i materiali presentati. L’alternativa, in mancanza di una ricostruzione documentaria a più voci, sarebbe stata lasciare che l’opera del tempo e l’incuria degli uomini cancellassero ogni traccia di ciò che quelle carte raccontano. Ma le vite distrutte di chi patì il confino e delle loro famiglie, ci interpellano ancora oggi dalla condizione di paria loro assegnata rivendicando il diritto di esser parte della nostra memoria. E ad esistervi con pieno diritto, come dettato dall’articolo 3 della nostra Carta Costituzionale: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge...”
Questa mostra vuole essere un’occasione per ricordare ciò che è stato, ma soprattutto un invito a non chiudere gli occhi di fronte a ciò che ancora oggi accade vicino a noi, ad esempio in Cecenia, e viene occultato con lo stesso sistema: negando l’esistenza dell’omosessualità.
Il Curatore della mostra
Cristoforo Magistro, nato a Montescaglioso (MT) nel 1949, si è laureato in lettere all’Università di Torino. Nella stessa città ha poi lavorato come insegnante di Italiano e Storia nei corsi di scuola media per adulti.
Appassionato di storia della Basilicata, ha raccolto una vasta documentazione sulle vicende che l’hanno investita dall’Unificazione agli anni Cinquanta del secolo scorso.
In particolare si è interessato al brigantaggio, alla grande emigrazione transoceanica di fine Ottocento e primo Novecento, alla figura di Francesco Saverio Nitti e alla nascita del fascismo, al confino fascista e alle lotte per la terra del secondo dopoguerra. Alcuni risultati delle sue ricerche sono stati pubblicati su riviste (Bollettino Storico per la Basilicata, Basilicata Regione, Mondo Basilicata) o libri di autori vari (Potenza Capoluogo 1806-2006, Dalla parte degli ultimi. Padre Prosperino in Mozambico, Villa Nitti a Maratea. Il luogo del pensiero). Mettendo a frutto la sua passione per la fotografia, ha poi curato mostre foto-documentarie sull’emigrazione italiana, sugli stranieri in Italia, sulla vita e l’opera di F. S. Nitti, sulle donne al confino nel Materano e sul confino degli omosessuali nello stesso territorio.
Motivazioni
Il fenomeno del confino fascista è stato finora trattato principalmente in relazione a quanti vi furono condannati per motivi politici e, solo di recente, studi e ricerche hanno cominciato a esplorare quanto accadeva ai cosiddetti confinati comuni.
Particolarmente interessante si è rivelato l’approccio mirato a far luce sulla questione, in base alle particolari categorie di soggetti (zingari, mafiosi, camorristi, prostitute, abortisti, ecc.), che vi incorsero.
La mostra foto-documentaria che qui si propone, ricostruisce le vicissitudini che portarono un nutrito numero di omosessuali, provenienti da tutta Italia, a scontare la pena del confino nei più isolati paesi del Materano, in Lucania, e i rapporti che vi stabilirono con le popolazioni.
Si trattava di un territorio in gran parte malarico e caratterizzato da una tale mancanza di vie di comunicazione, da rendere i suoi abitanti – aveva notato nel 1902 il Presidente del Consiglio Giuseppe Zanardelli nel visitarlo – “stranieri gli uni agli altri”. Le cose non erano cambiate nel ventennio successivo né con l’emigrazione di massa oltreoceano, che aveva svuotato letteralmente interi paesi, né con la guerra, che aveva paralizzato ogni progetto di sviluppo predisposto dal lucano Nitti negli anni passati (1911-14) al Ministero dell’Agricoltura Industria e Commercio.
Sulla base di simili considerazioni, le isole di terraferma (così Carlo Levi in “Cristo si è fermato a Eboli”) costituite da quei paesi, sembrarono, alle autorità fasciste, le più adatte, insieme alle piccole isole vere e proprie, ad accogliere la particolare categoria di confinati formata dagli omosessuali. Una categoria che ufficialmente non esisteva e della quale nessuna legge prevedeva pertanto la punizione. C’erano però persone che praticavano rapporti omosessuali e, quindi, erano da punire per attentato all’integrità della stirpe, corruzione, immoralità e simili. C’erano, vale a dire, gli omosessuali e tutti li vedevano. Bisognava nasconderli in ambienti non corrotti, secondo la retorica ruralista dell’epoca, dai vizi diffusi nei grandi centri urbani. E chi meglio dei piccoli comuni del Sud poteva accoglierli senza che le sue popolazioni fossero contagiate – vizio o malattia che fosse - dallo stesso male?
Questa convinzione crollò, insieme a tante altre, a pochi giorni dallo sbarco alleato in Sicilia e, nel giugno del 1943, dal Ministero degli Interni arrivò l’ordine di mandarli a casa, commutando la pena, che a ognuno restava da scontare, in ammonimento di polizia.
Obiettivi
Con questa mostra ci si propone di far conoscere una specifica realtà, per troppo tempo ignorata volutamente, a un vasto pubblico e, in particolare, alle nuove generazioni.
Tale realtà, si ritiene, indurrà i visitatori della mostra a riflettere sulle tante esistenze negate dall’istituzione–confino su cui troppi, e per troppo tempo, hanno creduto di poter scherzare parlando di “villeggiatura”.
Contrariamente a quanto si potrebbe supporre, le popolazioni delle comunità di destinazione, le cosiddette isole di terraferma, accolsero senza particolari pregiudizi anche questa tipologia di confinati.
Il linguaggio usato, insieme alle immagini, intende dare al lavoro un carattere il più possibile divulgativo. per permetterne l’immediata fruizione.
Caratteristiche dell'allestimento
La mostra foto-documentaria consiste nell’esposizione di 34 pannelli descrittivi della dimensione 50X70 cm montati su forex dello spessore di 5mm. Il primo pannello funge da “copertina” alla mostra, il secondo riporta la presentazione storico-motivazionale del lavoro. Su altri due pannelli sono riprodotti documenti di particolare interesse relativi al confino.
Su ognuno dei 29 restanti è riportata la fotografia di un confinato e una sua breve scheda biografica. Infine, l’ultimo pannello è dedicato alla presentazione dell’Associazione Agedo.
Per visitare la mostra (versione ON-LINE):
I pannelli costituenti la mostra
Per organizzare una esposizione della mostra consultare:
Istruzioni per la corretta esposizione della mostra
Storia della mostra
Agedo Torino, promotrice del progetto, al fine di favorire la conoscenza e sollecitare riflessioni e discussioni sulla condizione delle persone omosessuali nel passato e al giorno d’oggi, propaganda la mostra proponendola come strumento per una riflessione più ampia.
Per facilitare ciò opera la scelta di mettere a disposizione il materiale a quanti ne facciano richiesta lasciando ad ognuno ampia libertà di organizzare degli eventi pubblici.
Il cammino espositivo di “Adelmo e gli altri” dal 2017 ha toccato 40 località in tutta Italia lasciando che gli organizzatori usassero la mostra secondo diverse chiavi di lettura:
- Contribuire a costruire la memoria per la comunità LGBT (affamata di episodi che consentono di far luce sul proprio passato) in cui il presupposto della condizione delle persone omosessuali durante il fascismo conduca ad una riflessione sulle rivendicazioni sempre attuali del movimento LGBT+. Chiave di lettura condivisa da associazioni come Agedo, Arcigay, Circolo Pink, Rete Lendford
- Come momento di riflessione antifascista, come suggerito da promotori come ANPI, ANED, UAAR
- Come rappresentazione della piccola storia dimenticata all’ombra della grande storia, ma di cui è componente essenziale, attraverso un riesame del confino con la scoperta di nuovi ed inediti aspetti; come evidenziato nel convegno promosso dall’Università di Catania nel 2017 e negli incontri presso Associazioni culturali, Circoli ARCI, Biblioteche e sottolineato dall’interesse degli storici colpiti dalla scoperta di un filone inedito e insospettato delle fonti
- Occasione di verifica della memoria di quel passato nei comuni sedi di confino – i comuni lucani – sottolineata nella mostra in occasione di Matera 2019
La libertà lasciata ai promotori nella presentazione del tema ha fatto sì che siano state messe in atto diverse modalità di racconto: reading, concerti, rappresentazioni teatrali, presentazioni in video mapping, al fine di rendere il più accessibile possibile il tema ad un pubblico vasto. Sono state proposte numerose varianti: ogni prodotto è stato messo a disposizione di tutti e rielaborato pubblicamente nelle successive tappe consentendo all’iniziativa di crescere su sé stessa e diventare così un prodotto collettivo.
Questa particolare modalità di comunicazione diffusa e coinvolgente è stata ritenuta aderente agli obiettivi e alla narrazione propria della Public History, tant’è che è stata raccontata durante la 4° Conferenza Nazionale di Public History che si è svolta a Venezia e Mestre nel maggio del 2022
Per conoscere la storia dell mostra:
Storia della mostra "Adelmo e gli altri"
Contatti
Per info organizzative e istituzionali sulla mostra:
Maurizio Destefanis 3356635949
mail:
Per info sui materiali stampati e web:
Giovanni Zardini 348 2634126
mail:
Per info culturali sulla mostra:
Cristoforo Magistro (curatore) 392 4457710
mail:
Link a siti con recensioni della mostra:
https://torino.corriere.it/cultura/18_gennaio_28/i-confinati-omosessuali-fascismo-9ecaf37a-0435-11e8-a380-b73a51b76dad.shtml
http://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2018/04/22/vite-di-adelmo-elio-e-italo-gli-omosessuali-al-confinoBologna13.html?ref=search
https://ilmanifesto.it/vite-interrotte-per-salvare-la-stirpe/ (solo abbonati)
https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/04/25/25-aprile-adelmo-e-gli-altri-in-una-mostra-a-bologna-le-storie-degli-omosessuali-al-confino/4314219/
https://www.sulpanaro.net/2018/04/adelmo-gli-altri-29-storie-confino-omosessuali-nazifascismo/
http://www.bergamonews.it/evento/adelmo-gli-altri-mostra-sui-confinati-omosessuali-fascismo/
Link per registrazioni video
https://www.facebook.com/BibliotecaArchivioChieri/videos/300977745327153/
RACCOLTA FOTO
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