Il falso in famiglia
di Chiara Saraceno
da Repubblica del 27/12/2022
La decisione della ministra Roccella per i documenti costringe categorie di genitori a mentire
Un bambino può avere solo un papà e una mamma, non due papà, o due mamme. Se la realtà non corrisponde a questo principio, secondo la ministra della Famiglia, della Natalità e delle Pari opportunità Eugenia Roccella, le alternative sono solo due. Quella largamente preferita è che il bambino risulti ufficialmente orfano di un genitore, negando al genitore non biologico la possibilità di riconoscere quel bambino come proprio/a figlio/a e a questi di avere legalmente, appunto, due genitori. Se in questo modo si rende vulnerabile il bambino, sottraendogli il diritto legale alla protezione e mantenimento da parte di entrambi i genitori che lo hanno voluto, pazienza.
Si tratta, per Roccella, ma anche Salvini, Meloni e tutta la maggioranza di governo, di vittime secondarie, anzi sacrificali e sacrificabili, di una battaglia in difesa dei diritti dei bambini ad avere, appunto, un papà e una mamma. Come se togliere il diritto di un bambino ad avere, anche legalmente, due mamme piuttosto che due papà indebolisse quello di chi ha genitori nella formazione standard. Alla faccia delle pari opportunità tra bambini, oltre che tra adulti. La seconda opzione, nel caso "sfortunato" che un tribunale abbia riconosciuto la titolarità genitoriale ad entrambe le mamme o papà, è negarne l'evidenza sui documenti ufficiali, costringendo gli ufficiali anagrafici a dichiarare il falso e uno dei due genitori a dichiarare una appartenenza di sesso che manifestamente non ha, né desidera avere.
In base a questa granitica convinzione, la ministra della Famiglia Roccella, con il sostegno e su mandato della maggioranza di cui fa parte, ha ripristinato l'obbligo legale di indicare sulla carta di identità dei minorenni la dizione "padre" e "madre" come unica formulazione possibile. Non è bastato a trattenerla l'osservazione del tribunale che aveva accolto il ricorso di due mamme, secondo la quale utilizzare questa formulazione nel caso vi siano genitori dello stesso sesso, costituisce una "rappresentazione alterata, e perciò falsa, della realtà", paventando "gli estremi materiali del reato di falso ideologico commesso dal pubblico ufficiale in atto pubblico", cioè un reato penale. Nel governo dei condoni si troverà l'escamotage per depenalizzare questo reato, anzi per premiarlo, punendo invece chi cercherà di rappresentare correttamente la realtà, ovvero l'esistenza di genitori dello stesso sesso.
Con l'arroganza propria di chi detiene un po' di potere sulla vita altrui, la ministra ha invitato in modo sprezzante (e del tutto non democratico) chi viene danneggiato dalla sua decisione a fare ricorso. Ben consapevole che questo scoraggerà i più, già scoraggiati dal lungo, problematico e costoso iter giudiziario che nel nostro Paese continua ad essere richiesto ai genitori dello stesso sesso che vogliono far riconoscere la propria bigenitorialità e ai propri figli il diritto ad avere due genitori legali a tutti gli effetti, a prescindere dalla biologia. Ma l'arroganza e l'ideologia possono anche produrre degli effetti paradossali. Proprio chi, come Roccella e compagni, si batte strenuamente contro la cosiddetta teoria gender, contro ogni distinzione tra l'appartenenza di sesso così come definita dalla biologia e identità di genere definita dal sentirsi uomini piuttosto che donne, opponendosi con successo al disegno di legge Zan, obbligando i genitori dello stesso sesso a distribuirsi nelle caselle dicotomiche "padre" e "madre", di fatto li costringe a designarsi in un modo che contrasta con la loro identità sia sessuale sia di genere. Costringe padri e madri perfettamente a loro agio con la propria identità sessuale e di genere ad assumere legalmente l'altra.
Un bel paradosso, al di là delle possibili conseguenze penali per falsa dichiarazione e del disagio che una simile rappresentazione della realtà può provocare in genitori e figli ogni volta che devono utilizzare la carta d'identità o il passaporto. Con quale legittimazione si potrà negare la carriera alias nelle scuole, o rifiutare che ci si possa definire in base a come ci si sente di essere, se lo Stato, in questo caso, lo impone con così arbitraria violenza?